La crisi obbliga a ripensare a ciò che facciamo e ad inventare cose nuove: il modello produttivo del passato basato sul “piccolo è bello” è finito e ne serve uno nuovo. L'idea vincente potrebbe essere quello dell'azienda che per crescere si crea una rete di partnership. Si allea con altre aziende per suddividere e sfruttare meglio le attività di ricerca e sviluppo, per produrre su scala maggiore e commercializzare su canali altrimenti troppo costosi, il tutto con delle aggregazioni mirate “a valle”, lasciando la proprietà delle società ai rispettivi imprenditori. Si tratta di creare aziende con le economie di scala tipiche di dimensioni maggiori utilizzando al meglio le risorse attuali. Ma è possibile?
Il ciclo produttivo dello sviluppo industriale italiano
L'azienda di produzione italiana del boom economico era un'azienda di trasformazione: acquistava materie prime e ne traeva prodotti specifici per qualche utilizzo da vendere in tutto il mondo. L'ampio fido delle banche permetteva di finanziare la crescita anche a chi non aveva mezzi propri, un costo del lavoro mai troppo alto garantiva margini di redditività, le materie prime costavano poco, a parte l'energia; la svalutazione della Lira garantiva la competitività internazionale. Una piccola azienda con un prodotto di nicchia poteva affermarsi e vendere in Italia ed all'estero. Preistoria.
Il contesto internazionale attuale
Oggi si può creare una efficiente industria di prodotti funzionali in quasi ogni parte del mondo, per migliorare i prodotti servono capitali ma le nostre banche non possono erogare fidi come in passato, le materie prime sono rare rispetto alla domanda e costano care, il costo del lavoro in Italia è giusto che sia alto rispetto ai paesi del terzo mondo, l'euro non aiuta l'esportazione e se rimane stabile meglio per tutti. Da qui la crisi del ciclo produttivo attuale specialmente per l'impresa di famiglia.
Un ciclo produttivo che tende al declino
Una parte considerevole dell'industria italiana è costituita da aziende che producono prodotti che in passato erano di punta ma oggi sono divenuti riproducibili da qualunque concorrente e sono divenuti prodotti a basso valore aggiunto (dalle motofalciatrici ai piccoli elettrodomestici; dagli ascensori ai condizionatori); per contenere i costi molte aziende hanno delocalizzato la produzione e tagliato la ricerca; la delocalizzazione ha riguardato interi microsistemi di aziende, quelli che venivano chiamati distretti; basso valore aggiunto, bassa ricerca comportano un basso know-how (nessuno di noi ha un telefonino, un PC o un televisore a schermo piatto made in Italy); la perdita del know-how porta al declino industriale (gli inglesi hanno vissuto la cosa negli anni '70, adesso tocca a noi). Inutile puntellare con incentivi statali un sistema che non funziona, facciamone uno nuovo con aziende più grandi e più competitive.
Il modello dell'azienda a rete
L'azienda a rete è un modo di valorizzare l'imprenditoria individuale tipicamente italiana con la necessità di creare aziende grandi e competitive. La PMI deve avere una forte R&D per sviluppare prodotti sempre migliori e più innovativi, reparti di produzione all'avanguardia con alto valore aggiunto per unità prodotta tipico delle economia avanzate, una rete commerciale che permetta di vendere quello che si produce in ogni angolo del mondo, in modo da rientrare velocemente degli investimenti effettuati. Una struttura a rete consiste nell'aggregarsi con altre aziende su aree specifiche con una aggregazione a valle, lasciando la proprietà delle società ai rispettivi imprenditori.
La partnership nella R&D
Investire in R&D da soli è insostenibile per un'azienda di famiglia perché l'investimento minimo richiesto per produrre risultati applicabili è comunque troppo elevato in ormai qualsiasi settore. Meglio allora creare un centro di ricerca applicata separato e coinvolgere altre aziende che coinvestano con noi, col fine di sfruttare assieme i risultati della ricerca, definendo a priori chi sfrutterà che cosa e dove, tanto comunque noi non saremmo in grado di sfruttare tutto e ovunque. I partner di questa partnership nella R&D sono probabilmente da cercarsi a livello internazionale, anche percè è poi più facile non avere problemi successivi: un partner brasiliano ad esempio sfrutterà il nuovo prodotto in Sud America con l'impegno a non venderlo in Europa e così via. Più i prodotti sono di nicchia più è semplice identificare i potenziali partner a cui proporre la cosa. La R&D deve però rimanere in Italia ben controllata dall'azienda di famiglia.
La partnership nella produzione
Molti esperti pensano oggi che l'idea della delocalizzazione abbia fatto il suo tempo. Non si può rincorrere il paese maggiormente low-cost, ci sarà sempre un paese o un'area in via di sviluppo ove il costo del lavoro diventa inferiore e allora rispostiamo la produzione ogni anno? Abbiamo già visto come funziona il franchising industriale (vedi qui). Possiamo fare un passo ulteriore: creare stabilimenti in JV con altri produttori onde sfruttare subito quelle economie di scala che da soli non riusciremmo comunque a raggiungere. Non credo che le unità produttive debbano essere localizzate necessariamente in Italia, quello che conta è che la creazione del prodotto ed l'organizzazione produttiva sia gestita e controllata dall'azienda italiana in Italia.
La partnership nella commercializzazione
E' l'aspetto più difficile. L'azienda deve presidiare i mercati di sbocco e deve mantenere il contatto con il cliente finale. Siccome però dobbiamo sfruttare ogni prodotto commercializzandolo ovunque abbia senso farlo, i partner commerciali a livello locale sono indispensabili. La PMI italiana ha una forte tradizione commerciale, sa vendere in tutto il mondo ma la geografia è cambiata e oggi i paesi in crescita economica sono ben diversi da 10 anni fa.
Non mi sembra che tutte le PMI italiane abbiano aggiornato la propria rete, basti vedere quanto siano cambiati i flussi commerciali export dalla Germania rispetto a quelli dall'Italia. Servono partnership e JV con nuovi partner commerciali in nuovi paesi, senza indugiare oltre. Se qualche imprenditore ha dei dubbi, cerchi il valore del mercato dei suoi prodotti in India (paese non a caso dove operiamo ad introdurre le aziende italiane): rimarrà sbalordito.