Sarà la crisi economica, o la difficoltà ad ottenere finanziamenti, o la crescente attenzione a cercare di capire dove stiamo andando, comunque sempre più imprese redigono un business plan. Bene, anzi no, perché non é così facile preparare un business plan che serva e che funzioni. Ecco l'esempio di modello di business plan aziendale in 7 fasi che funziona.
Come fare un business plan
Ho recentemente letto il business plan di una PMI redatto da una società di consulenza aziendale di risonanza internazionale. Perfetto nella struttura, intrigante nel layout colorato a grafici, accurato e ineccepibile nelle informazioni, sobrio e understatement nei contenuti e nelle previsioni, totalmente inutile per un'azienda così piccola e per l'imprenditore, che infatti ci chiede perché non funziona e cosa può fare adesso. Vediamo allora sia come deve essere il modello del business plan (il nostro ha 7 fasi che sono in sequenza logica ma vanno svolte tutte assieme perché si influenzano reciprocamente), cosa comprende ciascuna fase, quali gli errori da evitare, come metterci qualcosa in più, che fa la differenza.
Basics: il business plan é uno strumento di comunicazione, serve a vendere
Prima di tutto: cosa vogliamo comunicare e a chi? Se lo prepariamo per gli azionisti, vogliamo convincerli a condividere le scelte strategiche ed a supportarle finanziariamente. Se lo prepariamo per le banche, dovremo spiegare come e perché l'azienda é in grado di mantenere la propria continuità ed affidabilità aziendale senza stravolgimenti nel capitale e nell'oganizzazione; se lo prepariamo per cercare capitali da nuovi soci dovremo spiegare il progetto che permetterà loro di uscire dall'azienda riprendendosi i propri soldi con un rendimento proporzionale al rischio dell'investimento effettuato. Insomma, il business plan non é uno strumento neutrale, é uno strumento di comunicazione, serve a vendere.
Fase Uno: Il mercato di riferimento dell'azienda
Prima di formulare un plan bisogna capire il contesto. Vediamo quindi di capire le attuali caratteristiche del settore (con i numeri in quantità e valore esatti ed aggiornati), il trend storico ed il trend che i maggiori istituti di ricerca si attendono per i prossimi anni, come é composta la domanda (cioè chi sono e cosa vogliono i clienti di questo settore), chi sono i maggiori operatori (che quota di mercato hanno, chi compete meglio e perché). Possiamo a questo punto identificare i drivers di successo (che poi sono anche i parametri di giudizio che più contano per i clienti), che diventano gli elementi sui quali bisognerà fare leva per competere nel prossimo futuro.
Fase due: Il posizionamento competitivo dell'azienda
Capiamo il posizionamento dell'azienda rispetto ai competitors. L'aspetto che più importa per delineare come si potranno sviluppare le vendite di ciascuna area d'affari e di ciascuna linea di prodotti é il confronto riguardo la qualità, il contenuto tecnologico, lo styling, il prezzo, il servizio dei prodotti / servizi dell'azienda rispetto ai prodotti / servizi dei principali competitors, italiani e stranieri. Con una analogia automobilistica diciamo che effettuiamo una specie di prova su strada di diverse automobili in cui si giudicano i prodotti / servizi nostri e dei concorrenti sulla base di tutti i drivers identificati nella fase 1. Alla fine di questa fase ci siamo chiariti in quali aspetti l'azienda compete (e deve effettuare investimenti per presidiare la propria leadership) ed in quali invece needs improvements (e deve effettuare investimenti per migliorarsi).
Fase tre: Gli investimenti per competere
Senza investimenti non c'è futuro, il Plan deve subito chiarire in cosa si investe, come e quali risultati é lecito auspicarsi di ottenere da questi investimenti. In questa fase l'aspetto più critico é avere informazioni su cosa stanno investendo i competitors e come cambierà il posizionamento competitivo a seguito dei nostri e dei loro investimenti. Visto che le fonti di finanziamento degli investimenti sono sempre insufficienti, dovremo simulare il payback ed il rendimento atteso di molte diverse strutture di investimento onde poter poi scegliere la più idonea e concretamente realizzabile. Il business plan diventa quindi l'opzione preferita rispetto ai molti scenari preparati e discussi.
Fase 4: La struttura organizzativa coerente con strategia ed investimenti
Parallelamente dobbiamo ripensare alla struttura organizzativa, in modo da adeguarla alle esigenze che abbiamo delineato con le fasi precedenti. La struttura sarà ovviamente la più snella possibile, con l'esternalizzazione di tutto, tranne che delle conoscenze che fanno il successo dell'azienda. Il modello di riferimento che ho sempre in mente é un mio cliente nel settore catering: più di 50 strutture servite in tutta Italia, due soci/manager e una segretaria part-time, in pratica i dipendenti fissi sono mezzo, un business scalabile all'infinito.
Fase 5: Lo sviluppo dei ricavi e la marginalità
Veniamo adesso all'aspetto che poi tutti guarderanno per prima cosa: lo sviluppo dei ricavi e la marginalità per linea di prodotto . L'errore più frequente é l'approccio bottom-up: se 10 agenti chiudono adesso n contratti alla settimana, in sei mesi con 20 agenti ottengo 2n contratti. Lasciamo perdere, non siamo all'asilo. Si parte ovviamente di dati di mercato, si guarda alla penetrazione in ogni segmento, ecc. La marginalità fa parte dell'analisi, in quanto non si può trattare d sviluppo ricavi prescindendo dal prezzo. Sui costi generali il planning é la semplice versione numerica delle scelte organizzative.
Fase 6: Fonti finanziarie
Ogni plan necessita risorse finanziarie. Pianificare le fonti di debito e capitale é di cruciale importanza. In questa fase identifichiamo come finanziamo l'attività, con quali controparti ed a quali costi.
Fase 7: Sensitivity analysis e Financial Plan
Per capire se il business plan funziona dobbiamo tradurlo in un financial plan, che altro non é che la previsione di conto economico, flussi di cassa e struttura patrimoniale che avremo realizzando il nostro business plan. Come abbiamo già detto in altre occasioni, non serve redarre un financial plan perfetto, perché non lo si azzecca mai. Quello che serve é simulare come cambia il plan al variare dei vari input: cosa succede se il trend di un prodotto è diverso dal previsto, se dobbiamo abbassare i prezzi di un prodotto, se un costo di produzione cresce più del dovuto, se un mercato estero si chiude perché c'è un competitor più forte, se il dollaro sale o scende, se i tassi salgono o scendono, ecc. Il plan diventa così uno strumento per simulare quello che ci può succedere prima che succeda. Riprendendo l'esempio automobilistico, facciamo fare il crash test al computer anziché all'azienda.
Infine, se avete ancora dei dubbi, il business plan fatelo fare a noi.
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