Siamo nel 2015 e dopo sette anni di ... carestia si vede qualche timido segnale di possibile inversione di tendenza. La speranza è che la ripresa economica europea trainata da euro debole, petrolio a buon mercato e ampia disponibilità di finanza faccia da traino all'economia domestica italiana. Senza una ripresa dei redditi e dei consumi interni la ripresa in Italia sarà però circoscritta ad i settori ad alto export, comunque poca cosa rispetto al PIL complessivo del paese. Perché per ripartire bisogna avere prima investito nello sviluppo e in Italia sono anni che che nessuno, o quasi, investe più nulla. Parliamo allora di investimenti strategici come condizione base per lo sviluppo.
Crisi
economica e credit crunch hanno indotto sia il settore privato che
quello pubblico ad una politica di tagli: anno dopo anno il settore
privato ha tagliato (in ordine non casuale) pubblicità, ricerca e
sviluppo, investimenti, consulenze, sedi secondarie, strutture di
staff, impianti e relativo personale, linee di prodotti non core, in
pratica tutto. Il settore pubblico ha tagliato gli investimenti e le
spese esternalizzate, ben attento a non effettuare alcuna spending
review su aree ad alto impatto politico e sulle spese di casta. Gli
investimenti che permettono lo sviluppo sono stati comunque ridotti
in entrambi i casi e sono rimasti circoscritti nell'ambito di poche
aziende di eccellenza in relativamente pochi settori industriali.
Il
problema è che la mancanza di investimenti non ha solamente ridotto
la capacità produttiva, peraltro già sensibilmente ridimensionata
dalla chiusura di innumerevoli aziende, ma ha anche ridotto la
capacità competitiva dell'industria italiana rispetto all'industria
dei paesi nostri concorrenti. Non abbiamo solo perso posti di lavoro
e capacità produttiva che sarà difficilissimo ripristinare, abbiamo
anche perso tempo e capacità competitiva.
Per
illustrare la problematica possiamo rifarci al noto articolo “Protect
Strategic Expenditures” di Kaplan e Norton pubblicato sull'Harvard
Business Review nel dicembre 2008. Con notevole lungimiranza e
consapevoli del tremendo periodo di crisi che ci stava aspettando,
gli autori suggerivano alle aziende di segregare contabilmente in un
budget di spesa autonomo rispetto alla gestione ordinaria tutti gli
investimenti di tipo strategico che non dovevano essere tagliati
anche nel pieno della crisi, perché investimenti indispensabili alla
sopravvivenza dell'azienda (noi diremmo indispensabili “alla
continuità aziendale”).
In
pratica suggerivano di distinguere gli investimenti a carattere
produttivo, quelli comunemente chiamati Capital Expenditures o CapEx,
dagli investimenti strategici, per i quali, da bravi americani, hanno
subito inventato un acronimo, StratEx. I primi rimanevano sotto il
controllo del management e potevano essere oggetto di spending
review, i secondi dovevano essere gestiti da un manager che
rispondeva direttamente al CEO ed al CDA ed avere un proprio budget
separato e protetto. Negli StratEx rientrano sia investimenti di tipo
tecnico che di R&D, nonché tutti i progetti suoi nuovi prodotti
che l'azienda stava studiando per il futuro. Gli StratEx sono quindi
investimenti soprattutto in competenze e non solo in macchinari. Ciò
che va protetta è la capacità dell'azienda di avere prodotti e
processi d'avanguardia e migliori rispetto alla concorrenza. Secondo
gli autori, in tempi di crisi possiamo tagliare pure quello che
riguarda il passato ma dobbiamo preservare ciò che sarà alla base
del nostro futuro. In pratica Kaplan e Norton suggerivano di fare ciò
che fa qualsiasi contadino, ma detto dai guru di Harvard suona
meglio. Non a caso è esattamente il contrario rispetto alle scelte
della politica economica Italiana ma questa è un'altra storia.
Atteso
che in Italia in tempo di crisi poche aziende hanno investito per
proteggere il proprio futuro, cosa possiamo fare adesso? Credo che
possiamo solo metterci a correre.
A
livello di Paese serve una politica economica chiara: investimenti
massicci su pochi settori che possano fungere da volano per la
ripartenza economica generale, come turismo e beni culturali, opere
pubbliche (strade, scuole, idrosistema, porti ed aeroporti), reti
informatiche, energia green da agricoltura.
A
livello aziendale, bisogna sfruttare quel poco di finanza disponibile
presso le banche e sul mercato finanziario internazionale per
finanziare forti investimenti di StratEx sulla creazione di una nuova
generazione di prodotti che colmi in fretta il gap di 8 anni di
eutanasia industriale.
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