Anno
dopo anno, pochissime aziende stanno mantenendo le aspettative
contenute nei piani di risanamento. Per gli advisor e per il
management che li ha redatti e, soprattutto, per i dottori
commercialisti che li hanno attestati, potrebbero sorgere
responsabilità anche di tipo penale. Vediamo da un punto di vista
aziendalistico di quali responsabilità si tratta e di come, almeno
per il futuro, possiamo cautelarci.
LA
FUNZIONE DELL'ESPERTO NELLE OPERAZIONI SOCIETARIE
Ancorché
sia incaricato dall'imprenditore e non nominato dalla Volontaria
Giurisdizione del Tribunale come il consulente tecnico d'ufficio,
l'esperto ricopre comunque un ruolo pubblicistico, a tutela di
interessi generali nel corretto esercizio di impresa e nel buon
andamento dell'economia. E' un soggetto che oltre a detenere
competenze tecniche deve mantenere l'estraneità ed imparzialità
rispetto agli interessi in gioco a salvaguardia di interessi
collettivi di tutti gli stakeholders e proprio per questo è prevista
una forma di controllo di carattere pubblicistico.
CENNI
SULLA RESPONSABILITÀ CIVILISTICA DELL'ESPERTO
L'attestatore
è potenzialmente esposto al rischio professionale inerente i danni
cagionati col proprio operato.
Nella
pratica è difficile pensare ad una azione di responsabilità nei
confronti dell'attestatore dei piani di risanamento intrapresa dal
management della società o dai suoi soci, ovvero dai committenti
che hanno scelto l'esperto attestatore e sono stati responsabili
della gestione aziendale nel periodo in cui il piano doveva essere
realizzato. In questo caso la responsabilità dell'esperto è di tipo
contrattuale nei confronti del committente ed ha termine di
prescrizione di dieci anni. Come detto la riterrei ipotesi piuttosto
remota: qualche forma di tutela può inoltre essere già inserita dal
professionista nel lettera di incarico.
L'azione
di responsabilità nei confronti dell'attestatore dei piani di
risanamento può assai più verosimilmente prospettarsi qualora i
piani siano disattesi con danno a terzi, in particolare ai creditori
della società. E' proprio la funzione di tutela dell'esperto nei
confronti dei soggetti estranei alla compagine societaria che lo
espone alla potenziale richiesta dei danni causati dall'aver
attestato un piano che viene totalmente disatteso. L'eventuale azione
ha natura extracontrattuale in quanto non c'è un incarico dei
creditori all'esperto ed è soggetta ai termini di prescrizione di
cinque anni. Se quindi la responsabilità dell'attestatore esiste e
permane, il diritto al risarcimento del danno sorge per fatto
illecito, ovvero la non veridicità dei dati su cui si fonda il
piano e la mancanza dei presupposti per attestarne la fattibilità al
tempo in cui il piano è stato attestato.
CENNI
SULLA RESPONSABILITÀ PENALE
Per
quanto riguarda la responsabilità penale del professionista
attestatore, l'articolo 236 bis comma 1 LF come ben noto prevede la
reclusione da 2 a 5 anni e la multa da 50.000 a 100.000 euro nel caso
in cui la relazione o l'attestazione del professionista esponga
informazioni false o ometta di riferire informazioni rilevanti. Tale
rilevanza penale sussiste indipendentemente dal fatto che
l'attestazione produca o meno un danno ai creditori, che rimane
solamente presupposto dell'azione per responsabilità civile.
Ci
soffermiamo quindi sui due aspetti a prevalente carattere
aziendalistico: la falsità delle valutazioni espresse dall'esperto
(esposizione di informazioni false) e/o la loro incompletezza
(omissione di informazioni rilevanti).
Per
quanto riguarda l'esposizione di informazioni false,
l'attestatore risponde delle valutazioni che esprime in quanto siano
fondate su premesse contenenti false attestazioni. All'esperto si
chiede di vagliare attentamente tutte le informazioni che raccoglie
e, qualora ravvisasse elementi di rischio riguardo le informazioni
che gli vengono trasmesse, è suo compito approfondire l'analisi sino
a quando sia certo che le informazioni che utilizzerà come base
dell'attestazione del piano siano chiare, veritiere e complete.
Meno
definita dal lato aziendalistico la problematica dell'omissione di
informazioni rilevanti: l'aspetto di dolo da parte
dell'attestatore risiede verosimilmente nell'aver ignorato
informazioni e variabili chiave che influiscono sostanzialmente sulla
realizzabilità del piano, informazioni e variabili che determinano
rischi che, se conosciuti dal Tribunale e dai creditori, avrebbero
verosimilmente portato ad un loro diverso giudizio sul piano stesso.
Qui divengono fondamentali le capacità di carattere aziendalistico
dell'attestatore: l'esperto deve avere assoluta padronanza dei
fattori critici del settore industriale in cui opera l'azienda, deve
cioè conoscere ed analizzare sia i drivers dei ricavi che tutti i
rischi propri dell'attività, indipendentemente da quanto gli stessi
drivers e rischi siano conosciuti ed esplicitati dall'imprenditore,
dal management aziendale (di cui, visto lo stato in cui hanno portato
l'azienda, forse non sono totalmente consapevoli) e dagli advisor che
hanno redatto il piano per conto dell'imprenditore.
Un
secondo livello riguarda l'attestazione della fattibilità del
piano. Dato per scontato che i dati contabili storici possono
essere veri o falsi mentre le previsioni economico finanziarie
possono essere solamente attendibili o non verosimili, l'eventuale
dolo dell'attestatore potrebbe risiedere nella mancanza di
consequenzialità tra le informazioni ed il giudizio espresso in
attestazione. Ciò potrebbe avvenire qualora il giudizio sulla
fattibilità del piano non fosse coerente con il quadro informativo
assunto alla base del piano stesso. I criteri in base al quale viene
espresso il giudizio sulla fattibilità devono allora essere di
comune accettazione (noi diremmo “secondo best practise”)
come quelli espressi dai principi di attestazione del Consiglio
Nazionale dei Dottori Commercialisti Irdec, dai principi di revisione
per gli incarichi di attestazione previsti dall'Isae, e devono essere
chiaramente esposti così da essere ripercorribili e verificabili.
Attesa
la correttezza del quadro informativo e della metodologia assunta, la
falsità delle valutazioni sussiste solamente in presenza di
imperizia nel gestire i processi valutativi o nel caso di consapevole
e dolosa divergenza da parte dell'attestatore nell'applicarli.
La
responsabilità penale in ogni caso richiede un aspetto di dolo da
parte dell'esperto, una collusione di fatto con gli interessi
dell'imprenditore a danno tipicamente dei creditori.
ANCORA
SULLE METODOLOGIE AZIENDALISTICHE DA SEGUIRE
Torno
quindi su raccomandazioni di tipo metodologico: la raccolta e
verifica che i dati aziendali siano completi e veritieri è un primo
passo necessario ma ben lungi dall'essere considerato sufficiente per
sollevare da rischi l'attestatore. A nostro parere si limitano i
rischi di una eventuale azione di responsabilità se le previsioni
espresse dall'esperto emergono in base ad un intero processo
valutativo, come ad esempio il seguente:
- l'analisi del piano deve avere un approccio verticale, che parte cioè dalle dimensioni e dal trend di sviluppo previsto per il settore industriale di appartenenza dell'azienda, verificato da fonti, studi e ricerche ufficiali e redatte da enti esterni all'azienda, che devono essere citate con precisione e possibilmente allegate al piano (banalmente, acquistare uno studio di settore e dedicare mezz'ora presso l'ufficio studi di Confindustria a cui fa capo il settore dell'azienda ci permette di conoscere aspetti e tendenze che l'imprenditore potrebbe non comunicarci);
- tutte le metodologie utilizzate devono essere ben conosciute, applicate secondo best practise, ben illustrate facendo riferimento ai principi italiani o internazionali utilizzati (evitiamo di trovarci in un domani a giustificare un modello di valutazione che non abbia riferimenti o addirittura il non aver applicato alcun modello);
- lo svolgimento dell'analisi deve seguire metodologie rigorose, tracciate e facilmente ripercorribili da chi legge il rapporto (come per l'impairment test, le conclusioni sono conseguenza precisa delle ipotesi ed il processo deve essere ripercorribile passo dopo passo da chi legge l'attestazione);
- è indispensabile poi effettuare la “sensitivity analysis” del piano a diversi scenari, effettuare cioè una forma di stress test che permette di quantificare gli scostamenti dal piano base come conseguenza di una diversa evoluzione delle variabili chiave su cui detto piano è basato (anche qui, banalmente, stimiamo che succede al piano se il cambio euro/dollaro, o il costo dell'energia, o i tassi di interesse, o qualche input rilevante per quell'azienda non andrà come previsto dall'imprenditore nel piano base);
- le considerazioni finali dell'attestatore devono essere infine perfettamente coerenti con le risultanze del processo di analisi che è stato seguito.
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