mercoledì 18 gennaio 2012

La deduzione del rendimento dei capitali conferiti nelle società

La manovra di fine anno 2011 ha introdotto una norma fiscale atta ad incentivare la capitalizzazione delle imprese. Vediamo di che si tratta e cosa ne pensiamo.

L'articolo 1- ACE - del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201
Dal 2011 le SpA, Sapa, Srl, cooperative, enti commerciali residenti diversi dalle società, trust e stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti possono dedurre dal reddito d'impresa annuale un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio, che si determina applicando alla variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2010 una percentuale del 3%.

In altre parole ...
Se una società di capitali aumenta il capitale proprio rispetto al valore di bilancio al 31 dicembre 2010, può dedurre ogni anno dal reddito d'impresa un costo figurativo del capitale pari al 3% dell'aumento del capitale effettuato. E' interessante notare che la norma introdotta a fine 2011 vale anche per l'anno 2011 già trascorso, che è ininfluente il fatto che il maggiore nuovo capitale proprio sia stato ottenuto tramite nuovi conferimenti di capitale piuttosto che con utili non distribuiti, semprechè non siano riserve non disponibili, che infine il beneficio è riportabile all'anno successivo. Questi in sintesi gli aspetti principali, ovviamente per i dettagli ci si rivolge ai dottori commercialisti.

L'aliquota per calcolare l'importo deducibile
Il DL 6 dicembre 2011 n 201 stabilisce che il rendimento nozionale è del 3% per i periodi d'imposta 2011, 2012 e 2013. Per gli esercizi successivi sarà invece stabilito con decreto del ministero dell'economia e delle finanze tenendo conto dei rendimenti finanziari medi dei titoli obbligazionari pubblici aumentabile di ulteriori tre punti percentuali a titolo di compensazione del maggior rischio.

I (pochi) pro
E' un beneficio fiscale che si applica sull'incremento del capitale proprio, volutamente creato per incentivarlo e venire incontro alle necessità di maggiore capitalizzazione delle imprese italiane. Il calcolo è semplice ed efficace: se l'azienda aumenta il capitale proprio di 100.000 euro, in quanto trattiene gli utili dell'esercizio senza pagare dividendi e/o in quanto i soci conferiscono nuove risorse finanziarie, ottiene un costo fiscalmente deducibile di 3.000 euro l'anno con un risparmio di imposta del 27,5% cioè di 825 euro. Un finanziamento bancario di 100.000 euro garantito dai soci è deducibile per importi ben maggiori ma, piuttosto che niente, diciamo che è comunque meglio ... piuttosto.

I (molti) contro
Per i periodi successivi al 2013 l'aliquota verrà stabilita tenendo conto dei rendimenti finanziari di mercato più un premio del 3%. Il decreto legge dimostra quindi qualche cognizione di finanza aziendale e di calcolo del costo del capitale di un'azienda, pari al rendimento finanziario risk-free più un premio per il rischio d'impresa. Peccato che...

1) il rendimento nozionale verrà calcolato secondo il parametro indicato all'art.1 comma 3 del DL 6 dicembre 2011 n 201 solamente a partire dal 2014 mentre per adesso, anzi per ben tre anni, ovvero nel periodo critico 2011-2013, viene stabilito un forfait del 3% che è evidentemente inferiore all'aliquota che si otterrebbe applicando già da oggi il parametro che è stato previsto per il 2014: mentre scriviamo il rendimento medio dei titoli obbligazionari pubblici a 5-7 anni è del 6,1% (Rendimenti Mediobanca sul Sole 24 Ore) che più 3% fa 9,1% e non 3%. Il risparmio fiscale di 825 euro calcolato sopra dovrebbe quindi essere di 2.502,50 euro.

2) Il maggior rendimento del 3% a titolo di compensazione del maggior rischio indicato nel DL 6 dicembre 2011 n 201 come futuro parametro è un valore di fantasia che non riscontro in nessuna pubblicazione: l'equity market premium calcolato da chi lo fa per mestiere è ben più alto, anche considerando settori economici non particolarmente volatili. Inoltre dovremmo tener conto della maggior illiquidità dell'investimento in capitale proprio per le PMI non quotate. Per semplicità diciamo che, secondo i principi inseriti nel decreto, si otterrebbe una giusta aliquota attorno al 10% e non certo il 3%.

3) L'aliquota attuale è del 3% e la norma prevede di adeguarla tra due anni. Di fatto si tratta di una promessa e delle promesse il contribuente italiano ... ne ha piene le tasche. Chi in passato ha scudato i capitali in base ad una legge (legge assolutamente iniqua “sed lex”) della repubblica italiana ora fa i conti con un surplus di tassazione ex post che va a colpire capitali che, complice la crisi finanziaria, potrebbero anche non esserci più, una norma semplicemente indifendibile. Se qualcuno si illude che il meccanismo di calcolo dell'aliquota nel 2014 rimarrà quello pubblicato oggi, faccia pure.

1 commento:

  1. sarebbe molto interessante capire la serietà del ragionamento tra la presente misura è quella collegata del nuovo avviso comune. questa potrebbe essere veramente da stimolo soprattutto se ci fossero anche delle soglie sullo spread pagato per l'indebitamento.

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