Il calcolo del NAV dei fondi immobiliari richiede che si valutino, oltre al patrimonio immobiliare, anche le società detenute dal fondo. Nel caso dei centri commerciali è ormai prassi diffusa la separazione tra la proprietà immobiliare, in capo al fondo di investimento o ad una società immobiliare, dalla gestione del centro commerciale, effettuata da una società che detiene le necessarie licenze commerciali, gestisce i rapporti con i conduttori e corrisponde un canone di locazione immobiliare alla proprietà. Vediamo qual'è la metodologia utilizzata dall'esperto indipendente.
Chi legge questo blog sa già come si valuta sia la componente immobiliare che quella gestionale; in questo caso abbiamo però due aspetti particolari. Il primo è il rispetto del Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio emanato da Banca d'Italia a cui devono attenersi tutti i fondi in quanto sono organismi di investimento collettivo del risparmio. Il secondo è la connessione e la coerenza tra perizia immobiliare e la valutazione della gestione.
Banca d'Italia accetta l'applicazione dei “metodi di valutazione basati su indicatori di tipo economico-patrimoniale” ed il calcolo del valore dell'impresa attraverso l’attualizzazione di grandezze derivate dal conto economico e dai flussi di cassa con un appropriato tasso di sconto (come siamo usi fare) e pone peraltro poche condizioni tra le quali segnaliamo il requisito per cui “ l’impresa valutata abbia chiuso per almeno tre esercizi consecutivi il bilancio in utile”. In pratica si può attribuire un valore di goodwill in supero al valore di acquisto ed al patrimonio dell'impresa semprechè la società non sia in perdita. Inoltre il tasso di attualizzazione deve tener conto del tipo di attività e dalle caratteristiche finanziarie dell'impresa. Anche qui siamo perfettamente allineati con le nostre usuali metodologie, ovvio è che l'attività di gestione è diversa da quella immobiliare (noi diciamo che hanno Beta diverso) e hanno diverso leverage (alto l'attività immobiliare, nullo l'attività di gestione).
Più complessa la questione della connessione e la coerenza tra la perizia immobiliare e la valutazione della gestione. Qui la prassi vede l'esperto indipendente utilizzare due approcci diversi ma entrambi corretti.
Il primo lo definiamo “stand-alone”. Prevede che la società di gestione sia valutata in base alla sua PFN ed al valore attuale dei futuri flussi reddituali, tenendo conto del costo della locazione immobiliare. Il margine che il gestore ottiene dalla gestione rispetto al costo della locazione è attribuibile, oltre che alla sua capacità d'impresa, alla detenzione delle licenze commerciali che permettono di stipulare contratti anche con operatori (i tenant che a loro volta gestiscono i singoli negozi) normalmente sprovvisti della licenza comunale relativo a ciascun punto vendita. Lo stesso approccio stand-alone lo si applica alla componente immobiliare, ove i flussi reddituali corrispondono a quanto incassato in base al contratto di locazione ovvero cioè a quanto la società di gestione riconosce alla proprietà. E' ovviamente l'approccio che si segue quando le due attività fanno capo a soggetti diversi e non correlati tra loro (come è ad esempio comune nel settore alberghiero).
Il secondo approccio lo definiamo “in trasparenza” e contabilmente è in parte assimilabile ad un consolidato. La perizia in capo alla proprietà considera come ricavi quelli complessivi derivanti dall'attività di gestione e come costi ingloba tutti i costi sia quelli propri della proprietà immobiliare che quelli sostenuti dal gestore. Di fatto il canone di locazione tra gestore e proprietà non viene considerato del tutto, come in un bilancio consolidato si va ad elidere. In questo caso la valutazione della società di gestione si limita alla sua posizione finanziaria netta, che in questa tipologia di impresa equivale contabilmente al “Tangible Net Worth” in quanto la componente delle immobilizzazioni immateriali che si origina col cash flow prospettico non viene considerata per non incorrere in un “double counting” visto che è già compresa nel calcolo del valore immobiliare.
Entrambi gli approcci sono tecnicamente corretti e funzionali al calcolo del NAV del fondo che risulti proprietario sia del complesso immobiliare che della società di gestione ed entrambi sono adottati dagli esperti indipendenti delle diverse SGR ma in realtà non si equivalgono e presentano vantaggi e limiti.
Il metodo stand-alone considera le due aziende separatamente, è perfettamente fedele ai principi aziendalistici, è applicabile a prescindere da chi siano i soci delle due aziende, calcola le imposte in modo puntuale sui due soggetti giuridici, di cui a volte uno solo è una società di capitali ed applica WACC diversi ed appropriati, proprio come richiede Banca d'Italia. Approccio tecnicamente ineccepibile che però ha due difetti. Il primo è il canone di locazione tra parti correlate (correlatissime, sono madre/figlia) che sposta a piacimento la redditività e di conseguenza il valore aziendale tra proprietà e gestore. Il secondo si palesa quando il fondo dismette e cede il centro commerciale, allorché lo si valuta nel suo complesso e non come sum-of-parts ed il diverso WACC tra le due attività non ha senso.
Il metodo “in trasparenza” supera questi problemi perché considera il centro commerciale come un'unica entità. Ma anche questo approccio ha i suoi limiti: il perimetro delle due entità valutate non coincide con quello societario, a livello fiscale non recepisce le differenze tra la fiscalità della società di gestione e la fiscalità del fondo ed infine è veramente difficile da applicare in modo corretto. Presuppone infatti che si disponga di un bilancio consolidato delle due attività in modo da considerare tutti i costi senza intercompany: tale consolidato non viene redatto da nessuno e non sempre l'esperto indipendente che effettua la valutazione dispone di tutti gli elementi necessari per calcolarlo.
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