Nel
calcolo del Cost of Equity, per determinare il levered beta di una
società ho sempre utilizzato la formula di Damodaran (“Damodaran
on Valuation” 1994) comunemente usata dalle maggiori investment
bank, o perlomeno usata in JP Morgan dove ho lavorato. Negli ultimi
anni sono stato sempre più impegnato in valutazioni di società nel
settore immobiliare, in particolare uffici, grande distribuzione,
logistica e alberghiero, per conto di SGR e consulting firm
internazionali e mi sono chiesto se sto applicando la formula più
appropriata per questi settori in Italia. Riassumo qui qualche mia
idea su questo tema.
Premessa:
il levered Beta secondo Damodaran
Il
Beta di una società è una misura della correlazione dell'andamento
del titolo azionario di una società all'andamento dell'indice di
mercato e rappresenta quindi una misura della maggiore o minore
rischiosità dell'effettuare un investimento in quella società
rispetto ad effettuare un investimento di mercato. Distinguiamo ora
l'Unlevered Beta (Uβ) dal
Levered Beta (Lβ).
L'Unlevered
Beta Uβ è quello riferito
all'attività aziendale, indipendentemente dalla struttura
finanziaria della società e dipende dall'attività svolta e dal
Leverage Operativo. In base all'attività svolta, dovrebbero avere un
Uβ più alto i settori a
maggior ciclicità rispetto a quelli più stabili (quindi l'auto
rispetto al food), i prodotti più sensibili al prezzo rispetto a
quelli basic, le attività tecnologiche e a forte crescita potenziale
rispetto a quelle più solide, stabili e tradizionali. L'Unlevered
Beta Uβ dipende inoltre dal
livello di Leverage Operativo, ovvero l'incidenza dei costi fissi
rispetto al totale dei costi aziendali, ove maggiore è l'incidenza
dei costi fissi maggiore è la rigidità aziendale e la difficoltà
sia di ridurre i costi nelle fasi recessive che di aumentare la
produzione nelle fasi espansive dell'economia.
Il
Levered Beta Lβ è invece
quello riferito al capitale della società (l'Equity) e dipende dal
Uβ e dal livello di Leverage
Finanziario della società. Il rapporto tra Uβ
e Lβ si calcola allora in
base al livello di Leverage Finanziario della società e
dall'aliquota fiscale.
Il
Leverage Finanziario è dato dal rapporto tra mezzi di terzi a debito
e mezzi propri: più cresce il ricorso all'indebitamento e quindi il
leverage, più dovrebbe crescere la rischiosità dell'investimento,
quindi maggiore tende ad essere Lβ
rispetto a Uβ. L'aliquota
fiscale attutisce invece l'impatto negativo del Leverage Finanziario:
se gli oneri finanziari sono fiscalmente deducibili ad una
determinata aliquota fiscale, allora l'azienda con leverage beneficia
di un tax shield dovuto alle minori imposte sul reddito che verranno
pagate nel tempo all'aliquota fiscale vigente a causa della
deducibilità degli oneri finanziari.
La
formula di Damodaran cui accennavo è la seguente:
Lβ
= Uβ + Uβ
* (D/E) (1-T)
dove:
D:
Debito ovvero valore di mercato del debito finanziario
E:
Equity ovvero valore del capitale economico e non il valore contabile
del patrimonio netto (problema facilmente risolvibile nel settore
immobiliare se abbiamo una perizia degli immobili)
T:
Tax rate ovvero aliquota fiscale vigente
In
realtà la formula di base (“Debt Adjusted Approach”) è
più complessa perché contempla anche il β
del debito, che pure cresce al crescere del leverage finanziario, che
però Damodaran scientemente ignora perché pensa che il rischio del
business ricada sugli investitori di Equity. Ponendo pari a zero il β
sul debito si riottiene infatti la formula vista sopra.
I
limiti nel contesto specifico immobiliare italiano
Come
dicevo, il tema è se e quanto tale formula sia appropriata nella
valutazione di società italiane nel
settore immobiliare, quali uffici, grande distribuzione, logistica e
alberghiero e nelle operazioni di sviluppo.
Applicando
ad esempio la formula ad una società immobiliare con un Uβ
riferito ai suoi assets di 0,60, al variare del leverage finanziario
e con l'aliquota fiscale fissa del 27,5% otteniamo:
-
Leverage
0.000.250.500.751.001.502.00LB
0.60000.70880.81750.92631.03501.25251.4700
con
un Cost of Equity che varia di conseguenza:
-
RFree1.00%
MRP5.00%
LB0.60000.70880.81750.92631.03501.25251.4700Cost Equity4.00%4.54%5.09%5.63%6.18%7.26%8.35%
mentre
all'aumentare dell'aliquota fiscale con leverage fisso pari a 0,50
(cioè valore del debito pari al valore dell'equity) otteniamo un LB
che diminuisce:
-
tax rate0.0%20.0%40.0%50.0%60.0%70.0%75.0%LB0.90000.84000.78000.75000.72000.69000.6800
Il
risultato non sembra coerente col nostro mercato e non mi convince
per i seguenti motivi.
Il
nostro contesto specifico è stato caratterizzato dalla ricerca
esasperata del leverage per ottenere un maggior return sull'equity.
Negli ultimi anni, complice la crisi economica, tale leverage
esasperato ha portato ad innumerevoli casi di insolvenza finiti in
fallimento o congelati in ardite ristrutturazioni del debito. La
normativa fiscale italiana limita inoltre il livello di deducibilità
degli oneri finanziari per le società. Infine tra gli investitori
cresce la presenza di fondi immobiliari, quotati e non, che sono
sottoposti a norme fiscali particolari ed hanno un orizzonte
temporale diverso da quello degli immobiliaristi.
L'esperienza
porta quindi alle seguenti constatazioni: in questo settore il
leverage finanziario aumenta sensibilmente il rischio d'impresa, in
quanto in un periodo di crisi non vi sono modi di recuperare
liquidità se non svendendo gli asset, quindi l'effetto leva porta ad
un Lβ ben maggiore di Uβ;
l'effetto fiscale, ovvero il beneficio della deducibilità degli
oneri finanziari è mitigato dalla normativa e non è così rilevante
come matematicamente si ottiene dalla formula. Infine, come bene
sanno le banche, il β del
debito non è affatto pari a zero e nelle società troppo indebitate
i covenant richiesti dalle banche aumentano anche il β
dell'equity.
Le
soluzioni
Poco
soddisfatto della formula base, ho provato ad applicare le altre
formule che calcolano il Lβ
partendo dall'Uβ: in
letteratura ce ne sono almeno sei. I risultati, dal mio punto di
vista, chiaramente empirico e focalizzato, non sono del tutto buoni.
La formula che mi è sembrata forse più appropriata è quella del
metodo “Pratictioners” (Ruback 1995), ovvero:
Lβ=Uβ
* (1+ D/E)
ove:
Uβ=
Beta degli asset
In
pratica, rispetto alla formula di Damodaran, il metodo
“Pratictioners” elimina l'effetto tax shield degli oneri
finanziari e così amplifica l'effetto del leverage, che mi sembra
coerente con le mie osservazioni di come si comporta il settore. La
formula utilizza inoltre come Uβ
il β riferito agli asset
anziché della società pre leverage, il che mi sembra appropriato
visto che la qualità dell'asset sottostante è l'aspetto critico per
qualsiasi società immobiliare e possiamo determinarlo in base a
caratteristiche quali la location, la qualità dell'intervento, la
qualità dell'operatore e dei tenant, ecc. come ben sa chiunque operi
nel settore.
Applicando
questa formula ad un Uβ del
portafoglio immobiliare di 0,60 al variare del leverage finanziario
otteniamo:
-
Leverage
0.000.250.500.751.001.502.00LB
0.60000.75000.90001.05001.20001.50001.8000
con
un Cost of Equity che varia di conseguenza:
-
RFree1.00%
MRP5.00%
LB0.60000.75000.90001.05001.20001.50001.8000Cost Equity4.00%4.75%5.50%6.25%7.00%8.50%10.00%
Il
limite evidente in entrambi i metodi esposti, come riportato in
dottrina, è l'effetto distorsivo che provocano quando si calcola il
Terminal Value, in quanto il valore risultante è amplificato
dall'effetto a crescere del leverage finanziario. Ciò è in
contraddizione col fatto che le società immobiliari tendono a
rimborsare i finanziamenti con le dismissioni di assets e con gli
incassi delle locazioni ed il loro leverage finanziario tende quindi
a diminuire nel tempo e non a crescere. Per questo, ove si adotti uno
di queste due formule ed in particolare la seconda, sarà bene
calcolare il Terminal Value senza ricorrere a capitalizzazioni
perpetue.