martedì 24 marzo 2009

“Soldi veri” e gelato alla crema

Col dovuto rispetto: non ne abbiamo avuto a sufficienza delle mode americane nella finanza? Dopo i titoli tossici dobbiamo proprio importare anche i termini finanziari tossici? Soldi Veri, No thanks.

La signora Marcegaglia ha tutto il mio rispetto. Se non altro per essere uscita dalla cordata dei salvatori della patria di Alitalia. Chissà, forse qualcuno le ha fatto notare di essere l'unica di quel gruppo di eroi a non avere mai avuto processi o condanne, nè civili nè fiscali, nè rinvii a procedere, nè patteggiamenti, neppure uno sputo di indagine. Poi é una persona che sa dire cose non banali, si possono condividere o meno, ma mica scema la ragazza.

Ma con i Soldi Veri proprio non ci siamo.

L'espressione Soldi Veri l'ho sentita la prima volta a metà degli anni 80, quando nell'ambiente della finanza si iniziavano ad importare parole made in USA. Poi abbiamo capito che l'espressione Soldi Veri negli USA aveva un suo significato, proprio per distinguerli dai soldi falsi (da Enron ad AIG a Madoff).

Per nostra fortuna l'espressione Soldi Veri si é fermata in quel mondo, assieme ai gelati alla crema: per chi non se ne intendesse, sono i Plain Vanilla, espressione molto in voga che sta per facile e semplice come un gelato gusto vaniglia, che pare negli USA essere un gusto particolarmente apprezzato, forse perchè nessuno ha mai fatto provare il cioccolato amaro con retrogusto peperoncino, che é assai meglio. Insomma Soldi Veri e gelati alla crema vanno bene per gli americani e per i rampanti della finanza, tipo giovane manager di Unicredit, ma che c'entra la signora Marcegaglia? E che c'entrano i nostri soldi?

Insomma, parlare oggi di Soldi Veri mi dà sinceramente fastidio: per me e credo per tanta altra gente, i soldi sono tutti maledettamente veri, sia pochi che tanti, anzi é specialmente quando sono pochi che sono maledettamente veri.

domenica 22 marzo 2009

Il valore del goodwill di una licenza nei centri commerciali

Il valore della licenza commerciale comprende due aspetti, il key-money e l'avviamento. Abbiamo già trattato del valore del key-money nei centri commerciali (vedi precedente articolo), vediamo ora l'aspetto del valore attribuibile all'avviamento della licenza nei centri commerciali.

Che cos'é l'avviamento di una licenza?

Il valore dell'avviamento di una licenza in un centro commerciale è il valore della licenza in quanto rappresentativa di una quota del valore di avviamento di un esercizio commerciale, in particolare del Valore attribuibile specificatamente agli Oneri Poliennali Commerciali come da IAS/IFRS.

L'avviamento come Valore degli Oneri Poliennali Commerciali secondo gli standard IAS/IFRS

L'avviamento commerciale secondo l'economia aziendale è definito come "la capacità dell'impresa di produrre utili" che può dipendere, in concreto, da molteplici fattori tra i quali spicca la stabilità della clientela che l'impresa ha acquisito in virtù di un portafoglio di rapporti contrattuali o la rilevante collocazione sul mercato conseguita dal suo prodotto o, infine, anche una particolare ubicazione sul territorio. Il possesso delle licenze commerciali è quindi uno degli strumenti funzionali allo svolgimento di una attività economica, ma non ne rappresenta il suo avviamento se non in una parte accessoria.

Il valore dell'avviamento commerciale nelle aziende della grande distribuzione viene allocato in base alla diversa natura delle sue componenti. Con l'introduzione dei principi IAS/IFRS nella redazione dei bilanci, tale allocazione segue in breve i seguenti principi generali:

Attività Immateriali a vita definita: la voce include gli oneri sostenuti per la progettazione e la registrazione dei marchi aziendali utilizzati; tali oneri sono correlati ad un preciso periodo di utilizzo per il quale vengono ammortizzati.

Concessioni, licenze, marchi e brevetti: la voce include il valore dei marchi commerciali patrimonio dell'azienda (così per esempio per tutti i grandi marchi, da “Benetton” ad “Oviesse”) che nei bilanci IAS non vengono ammortizzati ma sono soggetti ad impairment test.

Oneri Poliennali Commerciali: la voce include gli oneri connessi alle acquisizioni di attività commerciali che vengono ammortizzati in base alla durata dei rispettivi contratti di utilizzo.

La differenziazione ha una rilevante importanza in tema di calcolo degli ammortamenti stanziabili negli esercizi e di impairment test. Dal punto di vista fiscale italiano le regole in tema di deducibilità sono differenti per le diverse voci.

Per quanto riguarda l'avviamento commerciale, così come definito dall'economia aziendale, nelle aziende della Grande Distribuzione ha una sua naturale collocazione nel valore del marchio; è nella riconoscibilità del marchio che avviene il posizionamento strategico delle aziende, aziende che creano ed utilizzano contemporaneamente più marchi proprio perchè il consumatore recepisca immediatamente il messaggio veicolato dal marchio sul posizionamento (di prezzo, di qualità, di targeting) di ciascuna fascia di prodotto.

Vediamo ora la specificità della licenza, in particolare per gli esercizi ubicati nei centri commerciali, ove il suo contenuto economico non riguarda tanto l'avviamento commerciale come capacità dell'impresa di produrre utili, capacità riconducibile prevalentemente a dei marchi, ma bensì ad un elemento tecnico e amministrativo. Elemento accessorio, collocabile nell'ambito degli Oneri Poliennali Commerciali.

Il Confronto con Comparables di mercato

Il valore degli Oneri Poliennali Commerciali viene normalmente calcolato con un metodo di mercato, mediante il confronto con alcuni riferimenti rilevati in transazioni all'interno di centri commerciali simili.

Una modalità di stima del valore attribuibile alle licenze in uno specifico centro commerciale è quindi quella “di mercato” ovvero una valutazione che viene redatta per analogia con altre transazioni aventi per oggetto gli Oneri Poliennali Commerciali nell'ambito del medesimo centro commerciale o in centri commerciali il più possibile analoghi. Mentre per l'avviamento commerciale in senso lato esistono statistiche di diversa natura (come ad esempio il “Listino dei prezzi delle aziende” edito da F.I.M.A.A., che rileva il valore globale dell'avviamento, comprensivo di tutte le sue componenti) per il valore specifico della componente dei soli Oneri Poliennali Commerciali le rilevazioni sono patrimonio delle aziende del settore, che dispongono di informazioni privilegiate che permettono di elaborare dei criteri di mercato, senza però poter palesare le singole informazioni sulle transazioni, che sono ovviamente di natura riservata.

Il “borsino” non ufficiale di tale valore dipende dal successo relativo del centro commerciale rispetto a centri commerciali competitors e, nell'ambito dello stesso centro commerciale, dipende dall'ubicazione degli spazi rispetto ai flussi pedonali all'interno del centro commerciale. Non di rado nella grande distribuzione, due “location” apparentemente identiche ed ubicate a poche decine di metri di distanza hanno valore sensibilmente diverso in funzione dei flussi pedonali interni al centro commerciale. Qualora contabilizzato, tale valore può essere imputato ad Oneri Poliennali Commerciali.

Alcuni valori rilevati sul campo in un centro commerciale

A puro titolo di esempio, con riferimento alla grande distribuzione, possiamo vedere alcuni valori rilevati lo scorso anno a valere su un centro commerciale non food nella provincia di Milano. I valori sono espressi in € al mq e sono suddivisi per GLA: nelle piccole superfici, sino a 249 mq, abbiamo rilevato valori nel range € 100 - € 150, valori unitari che progressivamente scendono al crescere della superficie dell'esercizio commerciale, sino a raggiungere il range di valori € 30 - € 45 a mq per gli esercizi commerciali oltre i 5000 mq. E' peraltro evidente, data la caratteristica del Goodwill, che questo deve essere ricalcolato ogni volta con preciso riferimento alla location ad alla situazione corrente di mercato, analisi che include sia aspetti di geomarketing che aspetti economici e finanziari.

Conclusione: il valore del goodwill di una licenza nei centri commerciali

Il valore del goodwill di una licenza nella grande distribuzione é un valore di avviamento identificato nell'ambito degli Oneri Poliennali Commerciali, é calcolato con un metodo di mercato, mediante il confronto con alcuni riferimenti rilevati in transazioni comparabili, tiene conto della capacità di produrre reddito propria della location commerciale specifica, diminuisce come valore a mq al crescere delle dimensioni dell'esercizio, richiede modalità di stima piuttosto elaborate sia nei suoi aspetti di geomarketing che negli aspetti economici e finanziari.

venerdì 20 marzo 2009

Il valore del key-money nei centri commerciali

Il valore delle licenze commerciali è un aspetto particolarmente rilevante nella gestione di esercizi ubicati nei moderni centri commerciali. Il valore della licenza commerciale comprende due aspetti, il key-money e l'avviamento. In questo articolo trattiamo del key-money nei centri commerciali, in un prossimo articolo tratteremo l'aspetto dell'avviamento di una licenza per operare in un centro commerciale.

Cos'é il key-money di una licenza?
Attribuiamo il termine usuale di mercato di “Key-Money” al valore derivante dall'utilizzo delle licenze commerciali senza alcun avviamento. Il key-money è ad esempio ben raffigurato dal valore attribuito alle licenze da parte del proprietario degli immobili siti in un centro commerciale, proprietario che, qualora fosse in possesso delle licenze, anziché contrarre con il conduttore un rapporto contrattuale di locazione tradizionale, potrebbe instaurare un contratto di affitto d'azienda, comprensivo sia della componente immobiliare che della licenza. Il valore aggiunto rappresentato dalla presenza delle licenze è il “Key-Money”.

Che cos'é l'avviamento di una licenza?
Diverso é il valore delle licenze in quanto rappresentative di una quota del valore di avviamento di un esercizio commerciale, in particolare di quel valore attribuibile specificatamente agli Oneri Poliennali Commerciali come da IAS/IFRS. Tale valore viene normalmente calcolato con un metodo di mercato, mediante il confronto con riferimenti rilevati in transazioni all'interno di centri commerciali simili.

Contratti di locazione e contratti di affitto d'azienda
Focalizziamoci ora sul key-money nei centri commerciali.
Tradizionalmente il proprietario di un immobile nel quale può essere svolta una attività commerciale instaura con il conduttore un contratto di locazione secondo le norme del codice civile e gli usi commerciali prevalenti. Tale contratto di locazione prevede un corrispettivo annuo da riconoscersi in quattro rate trimestrali anticipate, l'adeguamento del canone in ragione del 75% dell'incremento dell'indice ISTAT, l'addebito delle spese di manutenzione ordinaria al conduttore. In seguito molti contratti di locazione commerciale, specialmente per superfici ubicate in centri commerciali di nuova costruzione, hanno previsto che anche le spese di manutenzione straordinaria fossero a carico del conduttore e non della proprietà. La durata della locazione é, a seconda della tipologia commerciale, di 6+6 anni o di 9+9 anni. Al termine del periodo di locazione, qualora il proprietario decidesse di non rinnovare il contratto al medesimo conduttore, deve riconoscere un'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale la cui entità per le attività commerciali é di diciotto mensilità.
Recentemente, in analogia a quanto in uso su altri mercati all'estero, anche in Italia si sono introdotti nuovi schemi contrattuali tra proprietà e conduttore. In particolare si é affermato l'uso dell'affitto del ramo d'azienda che include sia l'aspetto immobiliare (analogo alla locazione) che l'autorizzazione commerciale all'esercizio dell'attività rilasciata dal Comune di competenza. Il vantaggio per la proprietà consiste nella possibilità di non applicare le prescrizioni tipiche della locazione: in tal modo il termine del contratto può essere inferiore (ad esempio di 5 anni anzichè di 12); il canone anzichè essere di ammontare fisso può essere articolato in una quota fissa ed in una quota variabile, ad esempio in funzione del volume d'affari del conduttore; può non sussistere l'obbligo del riconoscimento dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale al termine del periodo contrattuale.
Il beneficio economico più evidente e diffuso nella pratica commerciale è comunque quello di poter adeguare il canone in base al 100% dell'indice ISTAT anziché al 75%.
Ciò spiega l'interesse dei proprietari del Real Estate all'acquisizione delle licenze commerciali.

Il Concetto economico di Key Money
Il Key-Money rappresenta l'ammontare che viene corrisposto al conduttore di un esercizio commerciale da parte di un nuovo conduttore che vuole subentrargli. La motivazione e l'ammontare del Key-Money può risiedere nel canone di locazione particolarmente interessante, inferiore al mercato, o nell'avviamento commerciale dovuto non tanto all'esercizio (con la sua gestione ed il suo marchio, che non vengono ceduti) ma alla sua ubicazione in un luogo particolarmente interessante per lo svolgimento di tale attività commerciale. Il Key-Money è quindi diverso dalla “buonuscita”: in quest'ultima é inglobata una componente di avviamento di carattere gestionale che non c'é nel Key- Money, che rappresenta la porzione di valore aggiunto rispetto al canone storico.

Il valore del Key-Money negli ipermercati
Nella fattispecie dei contratti di affitto d'azienda tra proprietario e conduttore, il proprietario ha quindi la possibilità di riadeguare il canone in base all'inflazione calcolata dall'indice ISTAT al 100%. Tale possibilità fa sì che il Key-Money per i grandi centri commerciali sia nell'ordine del 20% del canone di locazione annuo.
In termini dinamici possiamo infatti costruire un semplice modello excel che calcola il maggior valore ottenibile durante tutto il periodo di 12 anni dalla soluzione di affitto del ramo d'azienda con adeguamento del canone al 100% dell'Istat rispetto alla locazione tradizionale con adeguamento del canone al 75% dell'Istat, attualizzando il maggior valore così ottenuto al WACC per il percettore. Ne otteniamo che l'adeguamento del canone all'intero indice ISTAT crea un valore di Key-Money pari a circa il 20% del canone iniziale.

La differenziazione per superfici e tra food e non-food nei centri commerciali
E' evidente che nei centri commerciali il key money è diverso se ci riferiamo a superfici grandi o piccole e tra food e non-food. Se ci basiamo sui dati pubblicati da Largo Consumo ed in linea con le nostre rilevazioni di mercato, “il canone medio, escludendo l'alimentare, è compreso tra 350 e 400 euro al mq per le piccole superfici e i 150 e 180 euro per le medie” ovvero il canone medio per le grandi superfici è normalmente inferiore al canone medio delle medie superfici ed ancor di più rispetto alle piccole superfici. Per quanto riguarda il Food, i valori sono generalmente superiori rispetto al non-food. In prima approssimazione, dato il canone otteniamo il key-money, che risulterà quindi comunque un valore in proporzione al canone. Un'analisi più avanzata andrà a identificare gli aspetti caratteristici riguardo dimensioni e tipologia e prenderà in considerazioni eventuali altri aspetti economici presenti in contratto.
Definito il valore del key-money nei centri commerciali, vedremo separatemente il secondo aspetto che riguarda il valore delle licenze, ovvero il valore del goodwill.

giovedì 19 marzo 2009

Il Mezzanine Finance come strumento per finanziare l'azienda in crisi di liquidità

Il Mezzanine Finance, strumento di finanziamento dell'impresa ibrido, a metà tra un finanziamento ed una emissione di capitale, potrebbe essere una nuova modalità per finanziare aziende in crisi di liquidità ma con buone prospettive di rilancio a medio termine. Eppure non piace, specialmente alle banche: perché? cambierà?

Cos'é il Mezzanine Finance
Il finanziamento mezzanine é uno strumento ibrido tra debito ed equity: é infatti un finanziamento a lungo termine subordinato, ovvero l'azienda che lo ha emesso può rimborsarlo solamente dopo aver fatto fronte agli altri debiti finanziari, compresi i mutui. Per l'azienda é prezioso capitale permanente al di fuori dei conteggi dei rating e di Basilea 2.

Il Mezzanine Finance per la banca
L'ente finanziario che finanzia il mezzanine sostiene un maggior rischio rispetto a chi ha erogato finanziamenti tradizionali. In virtù di questo rischio addizionale, ha diritto ad una remunerazione che, oltre al tasso di interesse, poco più caro di un finanziamento, comprende un premio chiamato Equity Kicker, che consiste nell'ottenere quote di partecipazione all'Equity dell'azienda finanziata. Se la performance dell'azienda é positiva, cresce il valore dell'azienda ed una quota di questo maggior valore viene attribuita al finanziatore del mezzanine finance che col suo finanziamento ha reso possibile la crescita dell'azienda stessa.

Il Mezzanine Finance per l'azienda
Per l'imprenditore che emette il mezzanine i vantaggi sono evidenti: ottiene una nuove fonte di risorse finanziarie permanenti senza peggiorare il proprio rating, cosa assai gradita visti i vincoli posti dalle banche dopo l'introduzione della normativa Basilea 2 ed inoltre mantiene la proprietà dell'azienda, in quanto l'Equity Kicker scatta a termine, non subito, e comunque riguarda quote di minoranza del capitale dell'azienda, non il suo controllo. Per l'azienda vi sono infine acuni vincoli, come non erogare dividendi e non effettuare operazioni straordinarie senza il consenso del finanziatore del mezzanine: aspetti peraltro condivisibili e non particolarmente gravosi.


Il Mezzanine Finance e la stretta dei finanziamenti bancari ...
Il finanziamento mezzanine ha quindi tutte le caratteristiche per venire incontro ai problemi di liquidità delle imprese nell'attuale difficile contesto economico e di stretta dei finanziamenti bancari. Atteso infatti che finanziare un'azienda in questo contesto é obettivamente rischioso, il mezzanine finance permette di effettuare un finanziamento il cui costo in interessi per l'azienda non é maggiore di quello dei finanziamenti bancari correnti, non ha rate di capitale da rimborsare e fornisce quindi capitali permanenti per l'impresa, attribuendo al contempo una maggiore remunerazione all'ente finanziatore. Sembra perfetto.

.. e per la PMI.
E' inoltre uno strumento particolarmente adatto alla PMI, che non ha le dimensioni necessarie per collocare quote di capitale presso fondi di Private Equity o per effettuare una IPO in borsa, nè verosimilmente può emettere obbligazioni od obbligazioni convertibili presso investitori istituzionali.


Perchè il Mezzanine Finance in Italia non funziona?
Ciò detto la domanda che ci poniamo é perché il mezzanine finance non si diffonda affatto in Italia come invece é diffuso in altri contesti europei.
Forse un po di responsabilità é da attribuirsi agli imprenditori, che non lo richiedono perchè non lo conoscono (la cultura finanziaria dell'imprenditore é spesso limitata, ma va bene così, gli imprenditori che “sanno” di finanza anzichè di impresa hanno fatto cose tremende).
Forse una buona parte di responsabilità é del sistema bancario italiano, che ha da tempo tralasciato la finanza per l'impresa a favore dei prodotti di tesoreria ed ha sempre valutato il finanziamento dell'impresa in base alla garanzie accessorie fornite dall'imprenditore anziché in base alle prospettive dell'azienda affidata, salvo constatare oggi che le garanzie accessorie in un momento di crisi non valgono affatto quanto si credesse. Un'ultima motivazione risiede nella mancanza di un mercato di capitali non bancario, un posto dove l'impresa possa trovare capitali che non sia la banca, ma qui apriamo problematiche troppo grandi.


Troppo facile?
Il mezzanine finance può invece funzionare: la banca potrebbe, ad esempio, trasformare parte dei finanziamenti non performing alla PMI in mezzanine finance. L'azienda così sopravvive ad una fase di crisi sistemica e la banca può recuperare i suoi soldi, guadagnadoci pure. Troppo facile?

martedì 17 marzo 2009

Budget e Financial Control nelle Multiutility

L'attività di Budgeting e Financial Control delle Multiutility é particolarente complessa perché deve gestire strutture societarie separate, business aziendali differenti, reporting all'autority secondo schemi prefissati, separazione di assets tra società pubbliche, coniugando l'esigenza del controllo di gestione a livello di business e di società col reporting a livello di holding e di bilancio consolidato. Dalla nostra esperienza sul campo abbiamo tratto un breve case-study che vuol essere un contributo a chi cerca strumenti semplici e che funzionano, anche se ampiamente perfettibili.

L'intervento di EqS Equity Studio nell'area del Budget e Financial Control é stato svolto presso una Multiutiliy impegnata in 4 Business Unit: COMMERCIALIZZAZIONE di Gas e di Energia Elettrica all'utente finale, DISTRIBUZIONE di Gas e di Energia Elettrica su reti locali gestite in regime di concessione, PRODUZIONE di energia elettrica tramite una propria centrale di cogenerazione e di gestione dei SERVIZI AMBIENTALI di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani. I nostri obiettivi immediati erano di presentare il budget della Multiutility ed un sistema di reporting con attenzione alla congruenza dei dati provenienti da sistemi contabili differenti. Volevamo impostare uno schema concettuale di base che permettesse di effettuare l'analisi degli scostamenti consuntivo/budget e il consolidamento di tutti i dati, creando un modello di budget e di reporting di veloce implementazione, con uniformità di approccio tra sistemi informativi, business units e società differenti.
Il modello di Budget e Financial Control che abbiamo proposto alla Multiutility é basato su tre dimensioni: INDUSTRIALE, cioé il focus su ciascuna delle business unit (sia operative che la capogruppo), AREALE, cioé il focus su ciascuna area geografiche (i Comuni ove viene svolta l'attività) ed il TEMPO (ovvero un modello su base mensile, aggregabile in modo flessibile). Abbiamo scelto di integrare l'analisi dei principali valori quantitativi direttamente correlati alle attività della Multiutility con un modello di Financial Control poco ortodosso, intermedio tra l'approccio civilistico e quello tipico di contabilità industriale, focalizzandoci all'inizio sul conto economico.
Il modello elaborato prevede tre macro-livelli di differenziazione del valore prodotto e tre livelli di margine della gestione caratteristica che determinano in un EBITDA coerente con il bilancio civilistico. Prevede poi un livello di gestione finanziaria ed uno di gestione straordinaria ed accessoria. Manteniamo lo stesso identico schema di conto economico per tutte le attività, anche se palesemente differenti, così da facilitare la lettura e l'interpretazione dei risultati. L'ottenimento di un report apparentemente semplice e di immediata comprensione ha peraltro richiesto la creazione di concetti e regole di preparazione molto accurate e rigorose, senza l'usuale scappatoia delle personalizzazioni create per superare (od evitare) i problemi specifici.
Nella rappresentazione finale più sintetica e semplificata il modello di reporting della Multiutility si sviluppa come segue.
Il concetto di valore della produzione distingue i Ricavi della gestione caratteristica ed i Ricavi netti, ovvero al netto dei costi commerciali variabili e costi di distribuzione di diretta imputazione, cui aggiungiamo i rilevanti valori connessi alle produzioni in economia.
RICAVI VENDITA ENERGIA
Ricavi da vendita di Gas, Energia Elettrica ed Energia Termica
RICAVI DA SERVIZI
Ricavi derivanti dalla distribuzione di gas, energia elettrica, gestione calore; Servizi di smaltimento rifiuti e pulizia strade; altri servizi di fatturazione
RICAVI IMPIANTI
Ricavi da realizzazione delle reti gas ed energia elettrica
ALTRI RICAVI ACCESSORI
Ricavi per stacchi e riallacci; per smaltimenti richiesti da utenti, contributi smaltimento differenziato;
TOTALE RICAVI GESTIONE CARATTERISTICA MULTIUTILITY
Vengono evidenziati i ricavi derivanti dall'attività caratteristica dell'impresa nelle diverse aree di attività
Costi comm. Var. e Distribuzione (-)
Ricomprende i costi derivante dalla distribuzione di gas, la svalutazione dei crediti per ricavi caratteristici, ecc
RICAVI NETTI MULTIUTILITY
Viene evidenziato un primo margine che indica i ricavi al netto dei costi che sono direttamente correlati ai ricavi di gestione caratteristica
Variaz. Magazzino e Lavori in corso (Comprensivo dei lavori effettuati sulla rete)
VALORE PRODOTTO MULTIUTILITY

Definiamo quindi tre livelli di redditività della Multiutility: al netto dei consumi otteniamo il Margine Lordo, al netto dei costi diretti otteniamo il margine di Contribuzione ed al netto dei costi indiretti otteniamo il Margine Operativo Lordo (Ebitda), come segue.

CONSUMI
Si tratta dei costi per acquisto delle materie prime (gas, energia, ecc…) destinate alla cessione
MARGINE LORDO MULTIUTILITY
COSTI COMMERCIALI
Si tratta ad es. dei costi di recapito ed imbustamento bollette, lettura contatori, spese di commercializzazione e di promozione del servizio offerto
COSTI INDUSTRIALI
Si tratta ad es dei costi di smaltimento rifiuti, servizi vari da distributori, consulenze tecniche di progettazione, manutenzioni automezzi di smaltimento, affitti piattaforme ecologiche e sedi di sportelli al pubblico sul territorio
PERSONALE DIRETTO
Costi del personale direttamente impiegato al servizio offerto e oneri ad esso collegati (servizio mensa, vestiario, ecc…)
MARGINE CONTRIBUZIONE MULTIUTILITY
PERSONALE INDIRETTO
Costi del personale impiegatizio e dirigenziali, magazzinieri, fattorini e costi ad esso collegati
COSTI GENERALI STRUTTURA
Si tratta ad es. di costi relativi ad affitti di locali della sede, noleggi e leasing di beni non direttamente correlati all'attività propria, consulenze professionali legali e amministrative, compenso organi sociali, oneri diversi di gestione
SERVIZI GRUPPO
Si tratta di tutti i servizi infragruppo (software, contabilità, marketing, ….)
MARGINE OPERATIVO LORDO MULTIUTILITY (EBIDTA)

Entrando nel contesto delle diverse business units e dei veicoli societari della Multiutility possiamo notare un sensibile numero di specificità, come ad esempio le seguenti.
Per quanto riguarda l'attività di commercializzazione di gas ed energia elettrica, sono aspetti caratteristici i ricavi da vendita energia e gli oneri di vettoriamento, che nei bilanci di queste aziende sono una partita di giro e che determinano i ricavi netti, oltre ai costi per acquisto gas ed energia che determinano il margine lordo dell'attività caratteristica di trading.
Per quanto riguarda l'attività di distribuzione di gas ed energia elettrica, sono aspetti caratteristici i canoni corrisposti ai proprietari delle reti ottenute in concessione, che vengono imputati a costi di distribuzione e la ripartizione dei costi di manutenzione e miglioria sulle reti.
Per quanto riguarda l'attività di produzione propria di energia e calore, sono aspetti caratteristici i consumi di gas e la gestione economica e finanziaria dei certificati verdi.
Per quanto riguarda infine l'attività di gestione dei servizi ambientali di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, gli aspetti più particolari riguardano il regime amministrativo TIA/Tarsu e l'attribuzione del costo del personale tra le diverse aree di costo.
Ciò che rende interessante il modello di Budget e Financial Control che abbiamo sommariamente illustrato, é che lo schema é unico per tutte le aziende della Multiutility e si articola in modo granulare, permettendo di evidenziare un diverso dettaglio per ogni specifica area d'affari piuttosto che per ciascuna area geografica, creando al contempo un diverso dettaglio di conto economico, differente per le società operative, per la capogruppo e per il consolidato.
Nel nostro progetto lo sviluppo successivo riguarda l'analisi degli scostamenti ed i primi passi verso l'introduzione del budget patrimoniale e finanziario. I passi ulteriori riguardano infine l'analisi integrata dei flussi, il Plan di Tesoreria, la gestione del capitale cicolante, l'analisi della redditività del capitale investito e l'analisi dell'efficenza.
Il tutto sempre con un chiaro obiettivo: oggi il Financial Control deve creare strumenti snelli, di immediata comprensione, utili al management, atti a creare valore per l'azienda.
Cesare Carbonchi
EqS Equity Studio, Milano

venerdì 13 marzo 2009

Turnaround e risanamento aziendale: come fare?

La crisi economica ci sprona a ristrutturare e rilanciare l'attività aziendale: ecco un promemoria su cosa é utile fare e cosa no nel turnaround di una PMI.

Un'azienda competitiva é strutturata in modo da riuscire a migliorarsi costantemente nel tempo: ogni anno aggiorna i propri prodotti, ne introduce di nuovi, migliora i propri processi grazie all'uso della tecnologia, applica modelli di know-how organizzativo, monitora i propri risultati confrontandoli con quelli ottenuti dai suoi concorrenti. Sinceramente: poche PMI lo fanno davvero. Ma adesso, in un momento di crisi economica, bisogna farlo e basta. Già, ma come si fa? L'approccio al turnaround aziendale che qui suggeriamo é basato su quattro aree o concetti di base: i basics, cioé quelli che nello sport si chiamano i fondamentali; gli ostacoli da rimuovere prima ancora di iniziare; gli obiettivi da perseguire in una fase di crisi economica; infine, le cose concrete da fare nel piano di turnaround aziendale.

I FONDAMENTALI nel turnaround e risanamento aziendale di una PMI

Iniziamo pensando cosa vogliamo ottenere e perché. Se pensiamo al turnaround aziendale come ad una necessità per far sopravvire l'azienda in questo momento di crisi economica e non anche come una opportunità costante di successo, allora la cosa non funzionerà: bisogna essere determinati e crederci. Se ci sono persone attorno a noi che non ci credono, allontaniamole, meglio per entrambi. Analizziamo la situazione attuale serenamente, così com'è, non come noi vogliamo vederla. Meglio se c'é qualcun altro che viene da fuori e guarda le cose con uno sguardo nuovo. Creiamo dei benchmark, cioé dei parametri oggettivi, tramite i quali possiamo misurare dove stiamo e dove stanno i nostri diretti concorrenti; creiamo un piano di lavoro, un percorso che abbia tempi ragionevoli; comunichiamo a chi lavorerà con noi quello che abbiamo in mente e quello che stiamo facendo; non pensiamo di fare tutto da soli, ci sono i temporary managers apposta.

Gli OSTACOLI da rimuovere nel turnaround e risanamento aziendale di una PMI

In una PMI, nella quale é l'imprenditore la persona che porta onori ed oneri di tutta l'azienda, il principale ostacolo al turnaround aziendale é nascosto nella mente dell'imprenditore stesso. Questo perchè, anche se siamo convinti della necessità di mettere in atto un turnaround della nostra azienda, non é affatto facile mettere prima in atto il turnaround del nostro modo di pensare.

Per riuscirci, dobbiamo adottare qualche accorgimento e rimuovere gli ostacoli: ricordiamoci di guardare avanti e non nello specchietto retrovisore, quello che abbiamo fatto é passato e non deve condizionarci; non dobbiamo avere paura del cambiamento, i momenti di crisi sono sempre grandi opportunità che qualcuno sa cogliere e altri no; dobbiamo saper fare della sana autocritica, senza drammatizzare: nel gestire il turnaround aziendale in una fase congiunturale difficile come quella attuale, sicuramente faremo molti errori. Dobbiamo ogni volta accorgecene per tempo. Facciamoci aiutare: ci sono consulenti professionisti che hanno già fatto quello che noi vogliamo fare, non ha senso voler inventare la ruota e non chiamarne uno ad aiutarci. Infine, qualunque cambiamento vorremo effettuare, non ci riusciremo se non avremo coinvolto sin dall'inizio tutte le persone che dovranno poi collaborare con noi per attuarlo.

Gli OBIETTIVI da perseguire nel turnaround e risanamento aziendale di una PMI

Pochi e chiari obiettivi.

Dobbiamo recuperare fatturato, il che, in una fase di crisi economica, significa che dobbiamo probabilmente portare via clienti ai nostri concorrenti. In questo momento molte aziende e consumatori sono disposti a cambiare fornitore, se la qualità é buona, solo per ottenere condizioni migliori, quindi approfittiamone, possiamo vendere a chi sino ad oggi non ci prendeva in considerazione.

Dobbiamo fare cassa nel breve periodo, perchè le aziende non si salvano con gli utili ma con il cash flow. Questo vuol dire, ad esempio, che una commessa a basso margine e pagamento cash é meglio di una commessa ad alto margine e pagamento a sei mesi. Nelle fasi di crisi economica la gestione del working capital é la base del successo.

Dobbiamo focalizzarci a fare poche, pochissime cose che sappiamo fare meglio degli altri, in modo coerente con le nostre risorse, capacità, caratteristiche ed organizzazione. Ampio portafoglio prodotti e diversificazione del business non fanno per noi.

Le COSE DA FARE nel turnaround e risanamento aziendale di una PMI

Abbiamo il navigatore in auto ma spesso pretendiamo di guidare un'azienda senza una mappa: non va. Dobbiamo redarre un Piano su dove siamo, dove vogliamo andare e come facciamo ad andarci. Chiamiamo un esperto che sappia guardare la situazione attuale, nostra e dei concorrenti, senza pregiudizi, abbia già fatto cose analoghe e ci aiuti a fare il piano nelle sue componenti industrale, commerciale organizzativa, economica e finanziaria, senza perdere tempo.

Focalizziamoci sulle priorità e sui risultati che dobbiamo ottenere ed eliminiamo tutto il resto. Quindi lasciamo perdere le cose che ci piacciono ma non sappiamo fare meglio degli altri o sulle quali non riusciamo a distinguerci.

Sfruttiamo i nuovi media, internet, le nuove tecnologie, troviamo il coraggio di proporci in modo nuovo. Apriamo i nostri confini geografici, i nuovi clienti che apprezzano i nostri prodotti ci sono, dobbiamo trovarli.

Comunichiamo il nostro entusismo alle persone che ci stanno attorno, motiviamo le nostre risorse interne con piani di incentivazione basati sui risultati che vogliamo ottenere, facciamo in modo che siano coinvolti e siano loro a suggerire tutti gli accorgimenti adottabili.

Chiamiamo immediatamente un temporary manager che con la sua esperienza ci eviti di perdere tempo prezioso: con la crisi ci sono ottimi ex-manager di 50-60 anni disponibili ad aiutarci, anche per un compenso ragionevole. Approfittiamone subito.

Cerchiamo di migliorarci costantemente: non dobbiamo mai essere soddisfatti, possiamo fare di meglio. Chi fa l'imprenditore nella PMI vuole essere indipendente ed autorealizzarsi, non si ferma.

Conclusioni: Turnaround aziendale e risanamento aziendale, come fare?

Migliorare si può e si deve. Altri lo stanno facendo, possiamo riuscirci anche noi.

Infine, non siamo soli. Se poi avete dei dubbi, chiamateci.


Sei un imprenditore con problemi di tensione finanziaria? C'é un prodotto apposito per le piccole aziende che vogliono rinegoziare il debito finanziario (leggi qui).

lunedì 9 marzo 2009

Rinegoziazione e ristrutturazione del debito finanziario per uscire dalla crisi aziendale tramite l'art. 67 della Legge Fallimentare

Una breve e facile guida per la piccola e media impresa in momentanea crisi finanziaria su come trovare un accordo di ristrutturazione del suo debito con le banche ed avviare un piano di risanamento e di rilancio.

L'impresa in crisi economica e finanziaria ha a disposizione uno strumento ancora poco utilizzato a livello di PMI ma di notevole portata per congelare la situazione finanziaria e dare avvio ad un piano di ristrutturazione e rilancio: si tratta di attuare la procedura normata dall'art. 67 comma 3 lettera d della Legge Fallimentare. Non si tratta di una procedura fallimentare: é invece un accordo stragiudiziale tra l'impresa ed i suoi maggiori creditori (cioé di solito le banche). L'accordo prevede che le banche sospendano qualsiasi azione legale nei confronti dell'azienda in crisi finanziaria per un periodio di tempo concordato (in pratica: non fanno fallire l'azienda per 18 mesi) ed inoltre le vengono incontro accordando tassi di interesse più bassi ed allungando la struttura finanziaria del debito, ad esempio trasformando parte dell'esposizione debitoria dell'impresa da breve a medio termine.

Visto che le banche sono soggetti economici e non benefattori, la domanda é: cosa ottengono in cambio? Presto detto: l'impresa deve impegnarsi ad attuare un piano di risanamento e di rilancio molto preciso, formalizzato e firmato da parte dell'azienda. A tutela delle banche viene inoltre inserito in azienda un professionista / manager che garantisce che l'azienda ponga veramente in atto il piano che ha presentato e vincola l'agire dell'imprenditore al rispetto del piano. Se al termine del periodo previsto per attuare il piano di risanamento ex art 67 della LF non si sono raggiunti gli obiettivi minimi prefissati, allora le banche hanno mano libera nel ricorrere, se vogliono, alle tutele a cui avevano provvisoriamente rinunciato. Se il piano economico ha previsto obiettivi concreti e raggiungibili ed azioni coerenti e mirate, allora sia l'azienda che le banche ottengono quello che vogliono: un'azienda risanata e un buon credito, quello che si dice una soluzione win-win, insomma vincono tutti.

Senza entrare in dettagli legali, vediamo in sintesi gli elementi chiave di questo processo: com'é fatto il piano di risanamento ex art 67 della Legge Fallimentare? chi prepara il piano di risanamento? chi attesta che il piano di risanamento sia ragionevole? cosa ottiene l'azienda in crisi dalle banche? l'azienda in crisi per uscire dalla crisi aziendale tramite l'art 67 della Legge Fallimentare a chi deve rivolgersi? Ma l'imprenditore viene dichiarato fallito? E' una procedura accessibile a qualsiasi tipologia di azienda? Cosa succede alla fine del periodo di gestione del Piano? Ma quanto costa?

Com'é fatto il piano di risanamento ex art 67 della Legge Fallimentare? E' innannzi tutto un piano strategico, che definisce cosa l'azienda sa fare meglio ed in cosa é competitiva rispetto a tutte le altre aziende che fanno cose simili. Quindi ridisegna la struttura dell'azienda e la sua organizzazione in modo che ci si focalizzi solo su quei pochi prodotti o servizi che possono creare del valore aggiunto. Su questa base si costruisce un percorso di cose molto concrete da fare mese dopo mese. A questo segue un piano economico e finanziario che illustra come l'azienda nel periodo stabilito dal piano sarà in grado di funzionare e, passo dopo passo, sarà in grado di uscire dallo stato di crisi.

Chi prepara il piano di risanamento? Lo prepara l'imprenditore con un advisor che sia esperto nella creazione di piani economici e finanziari. Il Piano viene firmato e rappresenta un impegno dell'azienda, ha cioé natura unilaterale.

Chi attesta che il piano di risanamento sia ragionevole? Ovviamente il piano deve essere visionato ed approvato da qualcuno che non sia l'imprenditore o il suo advisor: questa funzione la svolge un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili. Spesso é un dottore commercialista conosciuto (e magari “suggerito”) dalle banche.

Cosa ottiene l'azienda in crisi dalle banche? Ottiene tempo, non fallisce e questo dovrebbe bastare. Se l'advisor é capace, ottiene una rinegoziazione ed una ristrutturazione dell'indebitamento finanziario sufficiente ad operare con serenità per tutto il periodo previsto dal piano.

L'azienda in crisi a chi deve rivolgersi? E' evidente che se l'azienda redige un Piano con i suoi consulenti abituali, il dubbio (diciamo ragionevole) da parte della banca é: caro imprenditore, ma se sai già cosa devi fare, perché non l'hai fatto prima? Quindi le chance di ottenere una rinegoziazione del debito finanziario sono minori. Meglio rivolgersi subito ad un advisor qualificato e conosciuto dalle banche. Ce ne sono diversi, chi ha scritto queste note é uno di questi.

Ma l'imprenditore viene dichiarato fallito? Assolutamente no, anzi l'accordo tra l'azienda e le banche é privatistico, possiamo anche non darne alcuna pubblicità a terzi: insomma, clienti e fornitori non devono essere necessariamente avvisati.

E' una procedura accessibile a qualsiasi tipologia di azienda? Troppo facile dire di si. Qui purtroppo vale il detto: se hai un piccolo debito, tu hai un problema. Se hai un grande debito, la tua banca ha un problema. Quindi, in pratica: se l'azienda in crisi ha un debito finanziario al quale la banca può far fronte escutendo delle garanzie reali, tramite le quali rientra del suo capitale senza problemi, allora la banca sarà ovviamente più restia ad entrare in una procedura del genere. Se invece la banca ha come alternativa escutere garanzie dalle quali non rientra completamente della sua esposizione e tramite il piano vede invece la prospettiva di non perdere soldi, allora sarà ben più disponibile ad accettarlo.

Cosa succede alla fine del periodo di gestione del Piano? Al termine del periodo concordato l'azienda che ha operato seguendo i passi prestabiliti dovrebbe essere capace di gestire la propria continuità, insomma si chiude l'accordo con le banche e torna ad operare in piena autonomia.

Ma quanto costa? Oltre al compenso dell'advisor per il piano industriale e per quello economico-finanziario, c'é il compenso del professionista che attesta la ragionevolezza del piano ed il compenso del legale che stipula l'accordo con la banca. Con un buon advisor però questi costi vengono bilanciati dai minori costi che si ottengono con la rinegoziazione del finanziamento esistente. E comunque: rifiutare un buon salvagente ed aspettare il peggio non é di solito la decisione imprenditoriale più avveduta.


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